Il motore del VingTsun

In queste pagine abbiamo parlato più volte del VT come di una disciplina che può essere interpretata in diversi modi, che può essere adattata allo spirito e alla necessità di chi la pratica. Parlando e confrontandomi con molte persone, mi sono reso conto che questo apparentemente semplice ragionamento non è ben compreso e quindi mi spiegherò meglio, servendomi di alcune metafore. Immaginate di guidare un’auto o una moto; ciascun veicolo ha le proprie peculiarità, che devono essere prima comprese e poi correttamente sfruttate dal pilota. Sarebbe infatti un errore utilizzare un motore a gasolio come se fosse un benzina, con allunghi decisi fino alla “zona rossa” del contagiri, poiché si rischierebbe di incorrere in vari problemi, se non in danneggiamenti più seri. Cosa fate quando salite in auto o in moto? Semplice, guidate! E lo fate senza ricorrere costantemente al ragionamento, perché avete imparato a guidare, assimilando i movimenti al punto da ripeterli in totale automatismo, senza riflettere. Cosa ancor più importante, non si tratta di un automatismo “dormiente” e quindi poco attento, bensì di un condizionamento attivo del subconscio, che infatti permette di controllare senza troppi problemi una frenata improvvisa o una situazione di pericolo. Così come nel VingTsun, anche nella guida esistono piloti e piloti: ci sono quelli che sanno valutare il tipo di mezzo che stanno utilizzando e quelli che avviano il motore e partono, senza troppi ragionamenti. Ci sono quelli che adottano una guida fluida e morbida, rispettando i componenti chiave, procedendo “gentilmente, senza strappi al motore” e altri che invece ingranano le marce tirando la leva del cambio più forte che possono, incuranti di eventuali rifiuti e impuntamenti che richiederebbero solo un po’ più di grazia e accortezza nella manovra. Come nella guida, anche nel VingTsun esistono persone che probabilmente non comprendono bene ciò che stanno studiando, e che quindi concepiscono questo splendido stile come qualcosa che in realtà non è: come i piloti poco rispettosi si muovono in modo rude, violento, non uniforme e sfruttano il “motore” della nostra arte come qualcosa di differente. E proprio come i piloti meno sensibili riescono comunque a raggiungere la destinazione, anche questi artisti marziali riescono a imparare la disciplina, pur se con qualche differenza, a nostro avviso importantissima. La ragione di questa incomprensione è dovuta al fatto che una buona metà delle persone che scelgono di apprendere il VingTsun desidera avere solo un’infarinatura superficiale dei principi che guidano l’arte, preferendo focalizzarsi subito sugli aspetti “pratici”. Pur se tale tipo di approccio può portare comunque alla formazione di atleti capaci, è necessario far comprendere agli allievi l’importanza di tali regole; proseguendo nel cammino marziale, il praticante sentirà sempre più bisogno di ricorrere a tali insegnamenti, per comprendere movimenti molto complessi. In buona sostanza, vorremmo modificare un vecchio detto in quel che segue: imparate a utilizzare il VingTsun e a non far sì che sia lui a utilizzare voi.

Concludiamo con i doverosi complimenti a due persone che hanno conseguito l’ambito e importantissimo riconoscimento di “Sifu” di VingTsun EVTF, direttamente dalle mani di SiGung Klaus Dingeldein e con l’avallo di Sifu Sergio Vommaro e Sifu Piero Conti, responsabili per l’Italia: Emanuele Mastropietro e Emanuele Ciccarelli, premiati per il duro lavoro e i brillanti risultati conseguiti. A tutti loro vanno i nostri auguri per un 2008 che si preannuncia davvero pregno di eventi e novità, in Italia e all’estero!