Pensieri ad alta voce

Forse è giusto dire che non siamo noi che troviamo il VingTsun ma è il VingTsun che trova noi. Come spiegare la volontà che ci spinge ad affrontare lo studio di un sistema che si regge sulla ricerca di un sottile equilibrio tra gli opposti, a cercare di conciliare la resistenza e la cedevolezza? Concettualmente può risultare difficile da esprimere, ma la “comprensione fisica” del sistema arriva in maniera naturale, quasi da un momento all'altro, mediante una combinazione di duro allenamento fisico con pensieri costanti nelle tante notti insonni. Chi ha fatto questo passaggio capisce esattamente cosa intendo dire. La sensazione potrebbe essere paragonabile all'esperienza dell'adolescente che diventa uomo, che dopo la “maturazione” da' un senso diverso a tutte le cose, anche quelle semplici affrontate sino al giorno prima in maniera automatica. Si tratta proprio della consapevolezza, dell'assimilazione dei principi e della loro applicazione automatica, della “reinterpretazione” delle regole di base. Tutto chiaro vero?...A volte poi scegliamo anche la strada dell' insegnamento a completamento della crescita, quasi come una vocazione, e ci sono momenti in cui proviamo un po' di invidia per chi insegna kick boxing per poter dire che un pugno è un pugno e basta e non cambia identità in corsa in un pak sao, un tan sao o un bong sao. Ma noi no, noi continuiamo coraggiosamente a cercare di spiegare l' affascinante mistero della cedevolezza unita alla pressione costante confidando nel fatto che la pazienza e la curiosità sorreggano i nostri allievi novelli, che ignari si avvicinano al baratro della passione incondizionata. Noi stiamo cercando di dare “forma temporanea” all' acqua e questo può farci sembrare pazzi e del resto forse parzialmente lo siamo, sicuramente lo siamo per tutti i nostri amici a cui l' idea di praticare arti marziali non sfiora nemmeno l' anticamera del cervello. Che dire di loro che sono “malati” di calcetto, di bar o di disco, per non parlare di quelli dalla TV sfrenata sempre e comunque!?!Per fortuna nel nostro manicomio abbiamo trovato buona compagnia per poter dire che c'è del metodo nella nostra follia (se state leggendo l'articolo fino a questo punto forse un po' vi ci ritrovate vero?...). Siamo inoltre sempre a disposizione per le domande degli allievi per le quali abbiamo spesso una miriade di risposte, tutte valide, e non ne scegliamo mai una sola, per non essere riduttivi correndo il rischio di un eccessiva semplificazione o di una eccessiva complicazione. Purtroppo il “punto G” del VingTsun non si trova in un giorno e spesso, come già detto, è la combinazione astrale stellare di una miriade di fattori, di una maturazione mediante esperienza composta anche dalle stesse domande appena rivolte, dai pensieri notturni e da quel pugno preso per errore e che non vorrei prendere mai più. Una esempio? Eccovi serviti: nel VingTsun non bisogna mai dare “la leva ed il punto di appoggio”, per far si che l'avversario non “sollevi il nostro mondo”. Ulteriori indicazioni? Molto semplice, pur restando in equilibrio, il nostro “fulcro” temporaneo deve essere così convincente da indurre l’avversario a credere che sia una certezza, una cosa sulla quale lui possa scommettere, che colpisca proprio lì ,per poi non trovare nulla, o che pensi che in quella direzione noi non potremo mai muoverci, ed invece molto presumibilmente andremo lì, ma non di sicuro.....Pensate che questo sia una espressione di pazzia? Non avete ancora visto niente! EVTF ha in studio uno strumento di allenamento innovativo, che potrebbe rivoluzionare l’allenamento tradizionale al manichino di legno (e comunque sarebbe di sicuro a completamento). Ormai tutti sanno che il manichino di legno è una “struttura” (mi dispiace chiamarlo così…) al quale “adattiamo i nostri movimenti” delle braccia e delle gambe, in maniera di esercitare la minima pressione di ritorno (che rappresenta il controllo, il chi sao..), per simulare un colpo che arriva ed il nostro corpo che si adatta, sensibilmente ma senza modificarne la traiettoria (idealmente senza modificare le intenzioni dell’aggressore...) .La domanda ironica, nasce da una lunga riflessione, che poi diventa parzialmente realtà quando si pratica un allenamento assiduo al manichino di legno. Perché no, dico io? E' chiaro che si tratta di una sperimentazione per meglio simulare le reazioni del corpo, nessuno rinnega il manichino di legno ovviamente, però perché bloccare l’innovazione? La verità (intesa come il cambiamento delle convinzioni) passa attraverso tre fasi: dapprima viene derisa, poi fortemente contrastata ed infine definita ovvia (la terra veniva considerata piatta, prima di essere considerata rotonda…). Avete mai pensato (mi rivolgo agli esperti) di ricevere la pressione di ritorno quando vi “appiccicate” al vostro manichino?? Parliamone! Il legno si sposta a fine corsa nella direzione del colpo, lo strumento in fase sperimentale e di sviluppo dovrebbe dare una pressione di ritorno, simulando quella fase critica del “capire dove verrò spinto”…Troppo tecnico? Spero di no! .Pensiamo per un momento a chi incassa un colpo senza andare al tappeto, se il tempo di reazione prima di ritrovare “l'equilibrio celebrale e fisico” (concetto per cui dovrei/potrei spendere qualche parola in più...) è lungo io ho tutto il tempo per colpire di nuovo, ma se il tempo di reazione è breve, io sarò immediatamente di nuovo sotto pressione, per cercare di “sbilanciare” di nuovo il mio avversario. Per allenarmi meglio, è meglio un tempo di reazione del mio avversario immediato oppure lento? Datevi la risposta da soli. Vi garantisco che la sensazione di allenamento a questo strumento è unica, da provare, anche se per ora sono in corso alcune modifiche e non si può dire che sia “pronto per il collaudo”. Ridete? Vi da fastidio? Vi incuriosisce? Le critiche sono bene accette, purché costruttive. Noi in EVTF ci mettiamo spesso in discussione, e poi non ci dormiamo la notte. Personalmente pratico arti marziali da 33 anni, e pratico VingTsun da oltre 20 anni, provo una grande passione per tutto ciò che riguarda questo mondo, e sono disposto con grande onore a condividere i miei pensieri con persone altrettanto appassionate, che portano avanti questo meraviglioso sistema e che lo rendono vivo, in evoluzione, così come tutte le conoscenze che hanno permesso al genere umano di evolversi e di sopravvivere ai continui e nuovi attacchi, di sconfiggere le malattie, di arrivare sulla luna e di pensare sempre e molto più avanti.
Piero Conti
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